L’ORCHESTRA STONATA
di Emmanuel Courcol
Dopo l’esordio col dramma storico Cessez-le-feu, Emmanuel Courcol ha intrapreso con Un anno con Godot (inedito da noi causa pandemia, ripreso da Riccardo Milani con Grazie ragazzi) la strada della commedia corale a sfondo sociale, con un bel talento di scrittura e, da ex attore, una notevole direzione del cast. Qualità che dispiega anche nell’opera terza, che ha debuttato a Cannes.
L’orchestra stonata (in originale En fanfare) è tanti film in uno: senza retorica né divagazioni, a Courcol bastano dieci minuti per mostrarci la malattia del direttore d’orchestra Thibaut (Benjamin Lavernhe), la ricerca di un donatore di midollo e la scoperta di essere stato adottato. A salvarlo è il fratello che non sapeva di avere, Jimmy (Pierre Lottin), che lavora in una mensa di provincia e suona il trombone nella banda locale. Entrambi musicisti, l’uno grazie all’adozione ha studiato ed ha acquisito fama internazionale (è a Lille per dirigere la sua nuova creazione), l’altro è cresciuto senza ambizioni né appagamento. L’incontro produrrà l’avvicinamento tra mondi opposti, non senza il confronto latente tra ciò che si è e ciò che si poteva diventare.
Tra colpi di scena, fabbriche smantellate (produce Guédiguian) e rapporti familiari da scoprire e ricucire, il film con raffinato understatement è anche un bel viaggio musicale che intreccia Mozart e Beethoven, Aznavour e Dalida, Benny Golson e il Bolero di Ravel, che assume un ruolo a sé in un finale più convenzionale ma sempre misurato.
Mario Mazzetti